Processi mediatici e pesi diversi

Mentre partiva la gogna mediatica contro la Panarello, mamma del piccolo Loris, è stato trovato il corpo di Gilberta Palleschi, professoressa di inglese scomparsa il mese scorso a Sora. Il suo carnefice si è costituito. E’ stato ancora un femminicidio, e ancora una volta con motivazioni che sono prettamente di genere. Uccisa perché si è opposta ad un tentativo di stupro e dopo di che il suo assassino, che per pura coincidenza porta il suo cognome, ha anche abusato del suo cadavere.

Uccisa a calci e pugni e finita con una serie di colpi di pietra alla testa. Lapidata. Mi sorprende come non sia partita alcuna gogna mediatica e nessuna si sia mobilitata come invece accade in India quando accadono casi come questo.

Pensavo a Giovanna Reggiani che fece la stessa fine quanto ebbe indignazione notevole cosa che invece non è accaduta per il caso Palleschi. Mi sono subito resa conto che però fu solo un pretesto per dare inizio a campagne razziste.

Penso a Salvini che intanto sta portando avanti la sua campagna razzista invocando la castrazione chimica agli stupratori immigrati. Penso a come i reati di violenza sessuale (e femminicidio) continuino ad essere ignorati se a compierli è uno di casa nostra. Al massimo avviene un’indignazione passeggera.

L’indignazione passeggera è la faccia opposta della stessa medaglia. Se non ci si indigna abbastanza significa che stuprare e uccidere una donna è accettato dalla nostra cultura. E infatti lo è.

Tanto che perfino i giornali trattano questi episodi con termini giustificatori. E non è un caso. Se non ricordate il caso della Franzoni vi porto un esempio ho incollato due articoli che riportano due casi di cronaca molto simili:

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Uno è il caso di Loris Stival, il bambino scomparso e trovato morto del quale è partito un processo mediatico dopo il fermo della madre Veronica Panarello, l’altro è un caso avvenuto pochi giorni fa ma che non ha avuto la stessa attenzione della stampa ne ha subito giudizi, nonostante l’uomo abbia ammazzato anche un bambino.

Sulla donna si è detto di tutto: si è scavato sulla sua vita privata, sul passato, sulla sua famiglia. E’ stata definita una persona violenta e aggressiva.

Non si sa se sia lei l’assassina ma su di lei si sta compiendo un processo mediatico, una lapidazione pubblica, uno sciacallaggio che va oltre l’esercizio del diritto di cronaca. Su di lei è stato costruito il profilo del mostro ancor prima che la giustizia facesse il suo corso.

Dai numerosi articoli riemergono due cose:

– Lo stereotipo della “cattiva madre”;

– Lo stereotipo della donna criminale;

Dunque una presunta criminale di sesso femminile non viene giudicata come individuo che delinque ma viene giudicata in quanto ha violato la norma sociale della femminilità remissiva e senza istinti aggressivi, la norma della maternità, in quanto essa è considerata non solo un dovere ma anche come un istinto naturale e in più colpevole di aver violato la legge emanata da un’autorità maschile.

Dettagli come il fatto che a 13 anni voleva uscire con uomini più grandi non hanno alcun nesso con l’assassino di Loris se non quello di rimarcare, ancora una volta, lo stesso stereotipo che giudica le donne criminali o presunte come donne che delinquono e non come persone che delinquono. E questo aspetto è accaduto anche con la figura di Amanda Knox e di Sabrina Misseri.

Numerosi articoli di cronaca che allo stesso modo dei casi precedenti di criminalità femminile (o presunta), si riempino di informazioni che cercano di darci conferme di quanto fosse aggressiva mamma Veronica. Cosa che mai accade quando il violento è di sesso maschile. Infatti, a fronte di molti indizi, precedenti e via dicendo, un uomo che uccide una donna, anche se ha avuto precedenti di violenza domestica, non viene definito violento o aggressivo.

Perché se ci fosse state prove e un processo che la dichiarasse colpevole ci stava pure che Veronica Panarello venisse giudicata come una persona che ha commesso un reato efferato contro un bimbo innocente. Ma è assurdo che si facciano tutte queste analisi quando invece espisodi di violenza compiuti da uomini vengono raccontati solo come episodi di cronaca molto distaccati, oppure sempre con toni narrativi ma addirittura giustificatori verso il violento e giudicanti verso la vittima donna.

Raptus è la parola più usata, quasi a giustificare la violenza maschile come un normale gesto dovuto alla mascolinità. E raptus è stata la parola più usata per i quattro casi di femminicidio/infanticidio annunciati dai media mentre gli stessi giornalisti si contendevano il cappio da mettere al collo di Veronica.

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Persino dal sito di Ansa partono giudizi spesso frutto di stereotipi di genere che dovrebbero essere illegali. La misoginia di questo articolo è notevole oltre ad essere assurdo lo stile narrativo e drammatico del pezzo, manco fosse un libro giallo.

Dettagli inutili come quello della madre che ha avuto cinque figli con uomini diversi, quasi voler trovare un nesso con l’omicidio del piccolo Loris con la vita sessuale e sentimentale della nonna. E ancora si parla di “cattiveria femminile” come dire che le donne sono cattive per il fatto di essere donne. Come se le donne sparlassero delle altre a causa del loro sesso e non perchè vivono in un contesto maschilista che le educa ad essere nemiche di se stesse.

Un’affermazione che dovrebbe meritare la radiazione immediata del giornalista dall’albo.

Inoltre, emerge l’idea della Madonna, come se le donne fossero rassegnate in quel ruolo anche se diventano mamme senza averlo programmato. Sante e puttane, perchè sono ruoli che ti appiccicano addosso e se li usano anche i media è assurdo che si riesca a sradicarli da un contesto. Perché più questi stereotipi vengono considerati normali, meno gente può prendere la consapevolezza di quello che in realtà sta accadendo contro questa donna, che colpevole o meno, non merita un processo mediatico sulla sua vita privata.

Deborah Dirani nel suo articolo ha ragione quando dice che “così finisce che un infanticidio diventa più sopportabile per tutte le mamme del mondo se a commetterlo è stata una donna diversa: una donna piena di problemi”.

5 risposte a "Processi mediatici e pesi diversi"

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  1. Eppoi mi dicono che il maschilismo non c’è in Italia. E invece purtroppo ce n’è eccome. Notizie come queste le leggevo spesso sui giornali. Se una madre uccide il proprio figlio è considerato qualcosa di orripilante ma se l’uomo uccide sia madre che figlio dicono sempre cose come “aveva avuto una vita difficile” “è stato un raptus omicida” “era una brava persone” ecc…
    Come hai detto tu questo è un processo mediatico e chiunque studi Sociologia sa che i media fanno forza sullo stereotipo per aver maggior successo. Che cosa triste…

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    1. Bhe anche su Veronica hanno parlato di passato difficile ma hanno portato avanti giudizi e dettagli che nulla hanno a che fare con Loris e la sua morte. Qui non si è parlato nemmeno una volta di raptus. Il problema è che Veronica è in stato di fermo ma non è ancora stata condannata ne ci sono prove. Questo fa ben capire quando sia grave considerarla colpevole e giudicarla in questo modo. Cosa che non avviene mai con un uomo violento anche quando aveva tentato di ammazzare la ex o il figlio precedentemente.I media sono formati da persone che vivendo in un contesto pieno di stereotipi, li usano a sua volta ma utilizzandoli li rafforzano anche…e questo è gravissimo

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      1. Sarà per questo motivo che non leggo più i giornali e neanche i telegiornali…mi fa troppo male sentire certe cose. Però so anche se bisogna fare qualcosa contro questa idiozia. Non si può continuare così.

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  2. un bellissimo post su cui riflettere…… ecco un punto che mi ha colpito molto, la campagna razzista invocando la castrazione chimica agli stupratori “immigrati”…mentre i tanti di casa nostra sono semplicemente scusati……In attesa di un giudizio reale su Veronica Panarello, riflettiamo su questo paese che critica le leggi degli altri ed è da sempre un paese maschilista!

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